La storia dei popoli della terra, di tutti i popoli della terra, in ogni latitudine e longitudine, è cadenzata, segnata e racchiusa nei racconti mitologici o fiabeschi, letterari o romanzati dei suoi eroi, dei suoi dèi e semidei, dei suoi super eroi. Lungo la storia ci siamo inventati di tutto e il contrario di tutto alla ricerca di un salvatore, di uno degno di questo nome nelle cui mani affidare il destino dell’umanità e la salvezza della nostra specie.
Gesù non assomiglia a nessuno dei nostri eroi, presunti o inventati che siano, né alle divinità mitologiche. Lui è nato in una grotta, è stato ucciso su una croce, è risorto un mattino presto ed è presente e vivo dovunque l’amore e la pace portano i loro frutti. Lui non è presente nelle biblioteche tra volumi polverosi di poemi epici, tra mitologie filosofiche, ma è presente in poche pagine di un libretto che porta il nome di felice annuncio, euanghèlion; è presente nei piccoli del mondo, nel pane dell’Eucaristia. Lui non possiede armate, multinazionali, parlamenti, banche, e il suo super potere si manifesta nella misericordia e nel perdono senza fine.
Nel suo nome, nel nome di Gesù, c’è tutto quello che abbiamo perduto e tutto quello che possiamo ritrovare, c’è tutto quello che l’umanità sta da sempre cercando e desiderando per il vero benessere e la grazia della vita. Il suo nome non è il nome di un eroe ma è quello del suo sacro compito, il compito del Salvatore che in un solo gesto, una sola parola, sana e salva. La sofferenza della vita umana è esclusivamente e completamente legata all’invocazione mentale e spirituale degli uomini, a nomi di eroi e di ideologie subalterni alla morte e fatalmente inutili.
La lingua greca del Nuovo Testamento usa un solo termine per definire i due stati dell’essere sano e salvo: l’uno non c’è senza l’altro. Questo avviene anche nella lingua ebraica dell’Antico Testamento.
In greco il verbo sòzo, “sano, salvo”, è denominativo di sàos, sòs, “sano, salvo”, da cui origina sotèr, “sanatore-salvatore”, che è il nome di Gesù. Sotèr è Gesù, è il suo nome per antonomasia.
In ebraico il verbo yashà‘, “aiutare, sanare, salvare”, dà origine al sostantivo femminile yeshùa‘, “salvezza, benessere, prosperità; liberazione; salvezza di Dio, salvezza da ogni male, salvezza che porta gioia, pace, benessere”, il sostantivo ‘ashà – stessa radice del verbo yashà‘ – significa “vittoria come lavoro; vittoria di Yahwèh per il suo popolo. Da qui il nome di Gesù, in ebraico-aramaico Yeshùa‘.