Sciolto
Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Uno era fariseo, dice il testo,quindi l’argomento di Gesù, l’invettiva di Gesù e l’insegnamento di Gesù sono rivolti ai farisei. Il termine fariseo, significa “separato”. Separato da cosa? Separato dal resto della gente. Il fariseo era colui che metteva in pratica, nella vita quotidiana, i ben 613 precetti che aveva estrapolato dalla legge di Mosè, stava meticolosamente attento a non infrangere nessuno dei 1.521 divieti riguardo ai lavori da compiere nel giorno di sabato, e soprattutto aveva un’attenzione maniacale rispetto a ciò che era puro e a ciò che era impuro. Questo era il fariseo, un professionista del devozionismo, del sacro e della religione ed era il più osservante della legge.
Il pubblicano, dal latino publicus– “cosa pubblica” –, apparteneva alla categoria dei dazieri, quelli che vincevano l’appalto per l’imposta delle tasse del dazio e poi potevano mettere le tariffe che volevano. Erano ladri di professione, imbroglioni, ed erano talmente impuri che, anche se un giorno avessero voluto convertirsi, non si potevano salvare. Perché? Non avrebbero potuto restituire tutto quello che avevano rubato alle tante persone che avevano truffato. Gesù ci presenta i due opposti riguardo alla legge: l’estremo osservante e quello che invece la ignora o semplicemente non se ne cura. Uno era fariseo, quindi, e l’altro pubblicano.
L’evangelista quindi ci presenta qui sia la persona che crede di avere già in tasca la piena santità, certa che l’aver seguito pedissequamente le leggi e i doveri prescritti le ha fatto guadagnare, insieme alla prestigiosa appartenenza all’istituzione religiosa, un ottimo rapporto con Dio, sia il peccatore, che è in una situazione tale che, anche se volesse ripristinare la propria posizione religiosa e spirituale, gli sarebbe impossibile, perché vive in una condizione sociale che si è cercato e costruito e dalla quale non potrà mai più uscire. Il fariseo è invaso dalla presunzione di appartenenza, fagocitato dal delirio di onnipotenza, traboccante di disprezzo per i diversi da lui, oscurato nell’anima dallo sguardo inquisitore. Il pubblicano è pervaso dalla consapevolezza di essersi allontanato da Dio con le sue scelte e di essere ora troppo lontano da Lui. Questa magnifica consapevolezza si materializza nel fatto che, entrato nel tempio, il peccatore si ferma a distanza e non osa nemmeno alzare gli occhi al cielo, e mentre si batte il petto dice: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Fariseo e pubblicano sono ambedue entrati nel tempio per pregare, per pregare Dio. Ma chi è Dio? Dio è l’Assoluto. Il termine assoluto deriva dal latino absolùtus, participio passato del verbo absòlvere, “sciogliere, liberare”, dunque assoluto significasciolto, che riferito a Dio partecipa del suo significato nel modo più pieno e perfetto. Dio è l’Assoluto, loSciolto, il completamente scioltoda ogni cosa e che tutto tiene in unità perfetta, è ilperfettamente liberoda tutto, che tutto sostiene e governa. Ora due persone vanno al tempio per pregare l’Assoluto. Uno è un fariseo, un separato, l’altro è un pubblicano, un lontano. Il separato si rivolge a Scioltopregando tra sé, l’evangelista anzi scrive letteralmente verso se stesso. In realtà il separato non prega il Signore ma se stesso, si compiace con se stesso, la sua lode non è rivolta a Dio, ma a se stesso, al proprio ego. Il separato si rivolge a Scioltoconvinto di averlo indissolubilmente legato a se stesso con l’osservanza dei precetti. Quella del separato non è preghiera è isterismo psichico devozionale. Il lontano si rivolge a Scioltocon la piena consapevolezza della propria lontananza – ed è la consapevolezza davanti a Dio di se stessi che salva e libera – e umilmente chiede l’amore della misericordia e della compassione divine. Il separatosegue le tracce dell’arroganza di Satana che per diventare come Sciolto-Assoluto e a Lui sostituirsi, da Lui si è separato. Nessuna lontananza è così lontana come la separazione.