Gesù s’indignò. Il verbo greco usato aganaktèo – formato dall’avverbio àgan, “molto, troppo, non-sopportabile”, unito ad aktòs, “condotto, spinto”, aggettivo verbale di àgo, “conduco, spingo” – significa “ricevo una spinta, una sollecitazione forte, vengo urtato violentemente”, quindi per estensione indica l’essere irritati, lo sdegnarsi, l’adirarsi. Cos’è che dà una spinta così violenta contro Gesù, tanto da provocare la sua indignazione? Cos’è che lo urta così violentemente, che lo spinge in modo addirittura non-sopportabile?
L’esercizio del controllo e del dominio da parte dei suoi discepoli, questo è quello che urta il cuore di Gesù fino allo sdegno. Per Gesù è una cosa insopportabile vedere i suoi amici e discepoli esercitare controllo e dominio sugli altri uomini. Quanto un uomo è governato e sottomesso alla prepotenza e all’inganno dell’ego, lo si può dedurre facilmente dalla potenza del desiderio di quell’uomo di avere il controllo e il dominio sui suoi simili. Tanto più un uomo è schiavo del proprio ego, tanto più ama visceralmente esercitare il controllo e il dominio sugli altri, desiderio e aspirazione, questi, così potenti, che un uomo non può dissimularli in nessun modo. Non solo. Tanto più un uomo è schiavo del proprio ego e ama visceralmente esercitare controllo e dominio sugli altri, tanto più è facile esercitare su di lui controllo e dominio. Le diverse tipologie di addestramento somministrate all’uomo lungo i diversi periodi della storia, attraverso ideologie, religioni, morali, filosofie, sono stati e sono fondamentali, sia per mantenere più alto possibile il livello del desiderio di controllo e dominio nelle persone, sia per determinare il tipo di copertura legale, istituzionale, religiosa da utilizzare per legittimare un tale invincibile e devastante desiderio di dominio e controllo. Nessuna legge, costituzione, istituzione, morale è stata mai pensata realmente per la felicità dell’uomo, ma solo ed esclusivamente per legittimare la possibilità di esercitare controllo e domino sugli altri. C’è sempre un buon motivo per avere il diritto di esercitare il sacrosanto dovere di controllare e dominare il prossimo. In famiglia si controlla e si domina per proteggere e salvaguardare in nome dell’amore, dell’educazione, della morale, dei princìpi, del quieto vivere, dell’unità, del sangue. Negli affetti e nelle relazioni si controlla e si domina in nome della fedeltà, della fiducia, della gelosia, del possesso, per il desiderio di cambiare gli altri. Nel mondo del lavoro si controlla e si domina in nome del profitto, degli affari, del guadagno, del dovere, dei contratti, della carriera. Nella società si controlla e si domina in nome della legge, della convivenza, della pace, della sicurezza, del progresso, della tranquillità. Per esercitare il controllo sugli altri, l’ego del controllore ha assoluta necessità che coloro, sui quali desidera esercitare il controllo, siano in qualche modo a lui legati e dipendenti. Per esercitare il dominio sugli altri l’ego del dominatore ha assoluta necessità che coloro, sui quali desidera esercitare il dominio, siano in qualche modo a lui sottomessi e sottoposti. In qualsiasi caso, la legge del controllo e del dominio prevede che, se i controllati e i dominati non si lasciano controllare e dominare facilmente, a causa di un loro improbabile, innato, inspiegabile, malevolo rifiuto del controllo e del dominio, vanno rieducati anche con la forza e la violenza per il loro bene e il bene di tutta la comunità. Chi controlla i propri simili e cerca di esercitare il dominio su di loro, si oppone a Dio, è il peggior nemico della vita e l’essere più letale per l’umanità. Cercare di avere il controllo ed esercitare il dominio sugli altri è sempre male, viene sempre dal male, conduce sempre al male, perché in qualsiasi caso è sempre un modo per impossessarsi dello spazio altrui, è un modo per togliere spazio e dunque movimento alla persona e alla vita degli altri.
Il verbo greco, che nel vangelo viene usato per descrivere le parole e i gesti di rimprovero dei discepoli contro coloro che presentano i bambini a Gesù, perché li tocchi e benedica, è epitimào, “vado contro, giudico-valuto la pena, condanno”. Descrive pienamente lo stato mentale ed emotivo degli uomini immersi nell’ego, in perenne opposizione alla vita e agli altri uomini. Ma perché gli uomini si oppongono, si oppongono sempre, non accettano ma rimproverano-condannano, entrano in conflitto? Perché, pur volendo con tutte le loro forze avere il controllo degli eventi e delle persone ed esercitare su di loro il dominio, si rendono conto empiricamente che non possono avere il controllo di nulla e di nessuno. Si rendono conto che non possono esercitare il dominio totale sugli altri, allora entrano in uno stato mentale e psichico deviato e allucinato, dove il delirio di onnipotenza, che desidera garantirsi il controllo e il dominio, si trasforma in un’esigenza assoluta, imprescindibile per la propria sopravvivenza, che sfocia inevitabilmente e regolarmente in opposizione, blocco, sopraffazione, conflitto, violenza verso gli altri uomini.
Cosa propone Gesù all’umanità per sostituire lo spietato controllo reciproco e la devastazione del dominio? Gesù propone una cosa semplicissima e potentissima. Letteralmente è scritto: e avendoli abbracciati. L’abbraccio. Il verbo enagkalìzomai, “prendo sulle braccia, abbraccio”, esprime il contatto fisico, ma non solo, descrive la propensione interiore ad aprire le braccia, ad accogliere, ad avvolgere. Per abbracciare occorre aprire le braccia per avvolgere l’altro, aprire l’intelligenza, aprire il cuore e, invece di chiedere spazio, offrire spazio agli altri. Abbracciare è offrire spazio all’interno del proprio spazio fisico, psicologico, spirituale, cardiaco. Un abbraccio è apertura, accoglienza, l’abbraccio espone il petto e il cuore.
Ma Gesù non propone solo un abbraccio. Il suo abbraccio semplice e speciale, completamente inedito, è un abbraccio benedicente, che crea un nuovo dialogo interiore tra le persone, un dialogo interiore rivitalizzante, bello, sano, gioioso. Letteralmente è scritto: li benediceva. Ecco il contatto psichico, kateuloghèo, “parlo bene, benedico”. È abbracciare l’altro per immergerlo in parole nuove, nella benedizione della gratitudine, del benessere, dell’amore, della fiducia, della pace, della gioia. Etimologicamente il verbo kateuloghèo è composto dalla preposizione rafforzativa katà unita a euloghèo, composto a sua volta da eu, “bene”, e lègo, “raccolgo, dico”, dall’accadico lequ/laqu, “raccolgo, comprendo”.
Ma l’abbraccio di Gesù è perfino oltre. L’abbraccio di Gesù, abbraccio affettuoso e avvolgente, abbraccio benedicente, diventa anche imposizione delle mani. Letteralmente è scritto: ponendo le mani su di loro. Ecco il contatto nello spirito, il contatto dello Spirito. Tìthemi tas chèiras, “pongo le mani”, è il gesto che indica il nome stesso di Gesù: sanare e salvare. È il gesto della pienezza dell’accoglienza, dell’unità, della rinascita. Imporre le mani non è un semplice toccare, ma è insieme guarigione e trasmissione della propria forza-salvezza: Gesù impone le mani sia per guarire gli ammalati, sia per trasmettere la sua dýnamis, la sua potenza sanatrice-salvatrice, per trasmettere la pienezza della sua gioia e di ogni benessere.
Ecco cosa urta violentemente Gesù, ecco cosa provoca lo sdegno potente di Gesù: guai a coloro che, in nome del loro velenoso ego, usano il loro sterile desiderio di controllo e dominio per legittimare ogni blocco e impedimento a questo triplice abbraccio, incontro con Dio, con la vita, con i fratelli.